I CONFLITTI TRA BAMBINI: STRATEGIE DI SOPRAVVIVENZA PER GENITORI ED EDUCATORI

Quando i bambini giocano tra loro può capitare che essi si contendano fortemente uno stesso gioco senza mollare la presa, gridando: “Mio!”Mio!” e girandosi verso l’educatrice o i genitori con le facce congestionate, aspettandosi che l’adulto prenda l’iniziativa. La tentazione è quella di far smettere il baccano intervenendo immediatamente, insistendo affinché uno dei due bambini rinunci al giocattolo sebbene sia provato che se l’adulto riesce a stare tranquillamente vicino ai due contendenti, limitandosi ad aspettare, i bambini potranno trovare da soli una soluzione. La presenza dell’adulto servirà solo come deterrente per far sì che non vengano alle mani.

Quando un bambino ha rinunciato a un giocattolo in favore di un altro lo ringrazieremo per dimostrargli che lo sforzo che ha fatto è stato apprezzato.

Il conflitto è parte integrante dei primi approcci relazionali con gli altri bambini e le strategie che utilizzano i bambini possono essere le più diverse. Vediamo le principali.

L’arte di gestire i conflitti difficilmente è istintiva nel bambino piccolo, e, troppo spesso, oserei dire che è ben lontana dalle capacità diffuse persino nel mondo degli adulti. Non è mai troppo tardi per apprenderla, ma non è mai troppo presto per iniziare ad insegnarla.

Infatti, mentre è vero che i bambini di età compresa tra zero e tre anni fanno fatica a risolvere un conflitto tra di loro senza l’aiuto di un adulto, è vero che si può fare molto per gettare le basi che gli consentiranno di acquisire questa capacità negli anni seguenti.

L’aspetto più importante per risolvere un conflitto è capire quale è il problema. Per individuare il problema reale, c’è bisogno di avere capacità di empatia e rispetto per le emozioni o opinioni dell’altra parte coinvolta nel conflitto. E’ chiaro che queste capacità non sono proprie del bambino piccolo, e certo non sono proprie del bambino di due anni. I bambini tra 0 a 3 anni circa non hanno capacità di provare empatia nei confronti degli altri bambini. Il loro mondo è centrato sulle proprie emozioni, e lascia poco spazio per capire quelle degli altri.

Bambini così piccoli che vengono lasciati a risolvere i conflitti da soli finiranno spesso con applicare la legge del più forte. In pratica uno dei due prenderà il sopravvento sull’altro, fisicamente o emotivamente, ed il messaggio che resterà impresso sarà quello che la prepotenza vince. Nella migliore delle ipotesi, il più “debole” apprenderà il comportamento e tenterà di applicarlo al prossimo giro; nella peggiore delle ipotesi invece la sua autostima subirà un piccolo attacco. Bambini più grandi possono arrivare alle mani, o ad utilizzare parole forti.

Ma torniamo all’inizio: definire il problema.

Supponiamo che ci siano due bambini che litigano per il possesso dell’unica paletta presente sulla spiaggia. Se provaste ad interrogarli, chiedendo quale è il problema, è chiaro che ciascuno dei due risponderebbe: “Paletta è mia!” Il problema cioè verrebbe definito assolutamente partendo dal punto di vista del bambino interrogato. Nessuno dei due si sognerebbe di dire: “Il problema è che abbiamo una sola paletta e la vogliamo entrambi”; questo richiederebbe uno sforzo di comprensione che non è possibile pretendere poichè normalmente al di sopra delle possibilità dei bambini piccoli.

I genitori che assistono alla scena possono cogliere l’occasione per trasformare questo piccolo conflitto in un momento di insegnamento prezioso, che porterà questi due bambini ad imparare, crescendo, a risolvere i conflitti da soli.

Iniziamo prima di tutto a definire noi il problema per loro. Sottolineiamo con le parole il fatto che è necessario capire il problema. Poi passiamo a chiederci come possiamo risolverlo. Proponiamo delle soluzioni possibili. Aspettiamo la loro reazione prima di scegliere la soluzione giusta.

Molto spesso la soluzione è li a portata di mano. Però se resistiamo alla tentazione di dividere i pargoli offrendo direttamente loro una seconda paletta, avremo colto l’occasione di insegnargli a gestire i conflitti, piuttosto che risolvere i loro conflitti.

Naturalmente il processo non avviene da un giorno all’altro. E’ un processo lento che ha bisogno di tempo e ripetizione per essere assimilato. Se si inizia già prima dei 3 anni di età c’è qualche possibilità che tra i 3 e i 5 anni inizino a farlo da soli. Infatti è solo dopo i 3 anni circa che i bambini iniziano a capire i sentimenti degli altri, e possono identificare il problema in modo corretto.

E voi adulti? Quando discutete con vostro marito, o moglie per una questione anche semplice, quale la scelta del film da vedere, o dove andare a passare la domenica, come risolvete il conflitto?

Ricordate che il vostro esempio vale più di ogni altro insegnamento per i vostri figli, i quali possono imparare moltissimo anche semplicemente osservando come voi gestite questo genere di situazioni. Se non lo fate già, provate anche voi. Sono pochi semplici passi: identificare il problema, proporre alcune soluzioni possibili, scegliere quella più adatta a soddisfare le esigenze di tutti, e congratularsi con se stessi per il bel lavoro fatto!

Nel caso in cui ci si trovi di fronte a due bambini che litigano è importante dare un nome alle emozioni mentre si stanno manifestando, cercando di esplicitare la causa della rabbia: es. “Vedo che sei molto arrabbiato perché Luca ti ha preso il gioco, prova a chiedergli se te lo restituisce”. E’ utile anche spiegare le intenzioni del bambino aggressivo al bambino aggredito: “Luca non voleva farti male, voleva solo giocare con la tua macchinina”.

Il deviare l’attenzione verso un altro oggetto può essere efficace con i bambini più piccoli, ma non sempre funziona con i bambini grandi. Con i bambini grandi è meglio puntare sulla condivisione e sui turni.

LITIGI TRA BAMBINI

A scuola, al parco giochi, alle feste di compleanno capita spesso che i bambini inizino a litigare, a farsi i dispetti e che poi magari si prendano a ‘botte’. Tra i genitori, di solito, ci sono due atteggiamenti: quelli che pensano sia giusto intervenire per sedare la piccola “rissa” e quelli che invece pensano sia giusto “che i bambini se la vedano da soli”. 

In linea di massima è bene seguire qualche semplice consiglio:

Non intervenite subito, abbiate fiducia

Di fronte ai piccoli litigi dei bambini è meglio che i genitori non intervengano perché il bimbo è competente e sa trovare da solo, in modo creativo, le proprie soluzioni se l’adulto non interviene. 

Nella fascia di età prescolare, è normale e fisiologico che i bimbi litighino tra loro, perché devono ancora prendere le misure tra il piacere del gioco insieme e il loro egocentrismo.

Spesso, invece, il genitore che interviene trasforma un normale litigio tra compagni in un caso di ‘lesa maestà’ al figlio. In questo modo, il bimbo penserà di avere il diritto che il mondo si prostri ai suoi piedi.

Se temete che si possano fare male, avvicinatevi in silenzio

Se vedete che il litigio sta degenerando, e temete che qualcuno possa farsi male, allora è bene avvicinarsi fisicamente al luogo dello scontro. Se il genitore, per esempio, è seduto su una panchina, deve alzarsi, andare vicino ai bambini e guardarli, far capire che li teneva d’occhio, ma in silenzio, senza intervenire a parole. Non deve, di fatto, togliere ai bimbi la possibilità di trovare una soluzione. Lo sguardo dell’adulto è contenitivo, e può essere anche severo, per rimproverare se occorre su quanto sta accadendo.

I bimbi passano alle mani? Separateli e non colpevolizzate nessuno

Quando il tono della lite rischia di diventare un po’ troppo irruento, l’adulto dovrebbe avvicinarsi, sempre in silenzio e separare i bambini coinvolti. In tutto ciò, è molto importante che l’adulto non colpevolizzi nessuno. Dovrebbe, invece, dire ai bimbi, una frase del tipo: ‘Adesso, giocate un po’ da soli, fate una pausa e poi vediamo!’.

Il compito dell’adulto è quello di regolare la lite, non di punire.

Quando il litigio tra bimbi assume toni più forti, l’adulto dovrebbe dividerli e agire in modo da regolamentare l’episodio senza punirli. 

La lite tra bambini non è uguale a quella tra adulti

Spesso, di fronte a queste liti tra bimbi l’adulto reagisce, in prima battuta, dicendo: “Ma dai, non fare così, devi essere amico di tutti!’. Un’affermazione che non ha nessun senso perché già a questa età è normale che ogni bimbo abbia le sue preferenze e le cambi anche abbastanza velocemente (oggi l’amico del cuore è Marco, domani, invece gioca solo con Tommaso).

La sana aggressività è una tappa della crescita e il narcisismo che, a volte, porta a situazioni di scontro è ‘normale’, parte strutturale del bimbo in questa fascia d’età.

L’adulto, invece, spesso, legge questi momenti di scontro tra coetanei colorando quel litigio con la sua tavolozza emotiva. Le liti tra bambini non sono uguali a quelle tra adulti.

In altre parole, il genitore non deve valutare le liti tra bimbi trasferendo i sentimenti negativi che prova lui come adulto quando litiga con qualcuno.

“Quando un bambino ci racconta che ha litigato con un suo amico, non soffermiamoci solo sul motivo del litigio. Domandiamogli soprattutto come è riuscito a fare pace”.

Anna Maria Montanaro

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