Sport, volano di crescita sociale ed economica

Inizierei queste riflessioni, relativi alla capacità dell’evento sportivo come un grande moltiplicatore economico, con alcuni interessanti dati. Secondo l’Osservatorio Ifis, nel 2022:la filiera ha registrato ricavi per 102 miliardi di euro, contribuendo al 3,4% del Pil e generando occupazione per 405mila addetti:un aumento del +4% rispetto al 2021(+3,1%) che dispesa complessiva per il turismo sportivo, che nel 2022 ha superato i 7,2 miliardi, segnalando un sostanziale riallineamento ai valori precrisi.”

Alcuni esempi di come l’evento sportivo sia portatore di ricchezza. La regione Emilia ci porta questi dati: “Per 81 manifestazioni prese in esame è stato valutato un indotto di oltre 150 milioni di euro, a fronte di un investimento da parte della Regione pari a 8,3 milioni di euro. Dunque, con un effetto moltiplicatore di 18 euro per ogni 1 euro stanziato dalla Regione, di cui ha beneficiato tutto il territorio regionale. Mentre le presenze turistiche generate da questi eventi sono state circa 1.150.000, considerando le presenze effettive di atleti, spettatori, staff e moltiplicandole per la durata del soggiorno”. Un altro grande evento nazionale è stato il “Ryder Cup a Roma”.  Un torneo golfistico seguito in tutto il mondo da più di 600 milioni di spettatori. L’evento ha portato 270 mila tifosi sui green del Marco Simone Golf Club di Guidonia (Roma). Per Federalberghi sono state 70 mila le stanze prese dai tifosi. Con un’occupazione del 94% degli alberghi 5 stelle lusso e 4 stelle.

E’ naturale che la vacanza degli accompagnatori dei giocatori vada alla scoperta di quello che offre il territorio, in termini di bellezze paesaggistiche, culturali e specialità gastronomiche. Lo sport che continua ad essere il più praticato è il calcio, seguito dal nuoto e dal ciclismo. Secondo “ReportCalcio 2023 della Figc”,nel 2022 il valore del “calcio” in Italia viene stimato per oltre 4,5 miliardi. Contribuendo, in modo significativo al Pil, con un valore di 11,1 miliardi e la creazione di quasi 126mila posti di lavoro.

Dopo l’esposizione di questi dati mi sembra importante capire come è distribuito nel paese il capitale infrastrutturale a sostegno dell’attività sportiva. “Sport e Salute Spa”ha realizzatoun censimento nazionale degli impianti sportivi concluso nel 2020 rilevando che “più della metà delle strutture sportive pubbliche e private di interesse pubblico sono collocati al Nord (52%), il 22% al Centro e il 26% al Mezzogiorno. Gli impianti sportivi analizzati sono prevalentemente strutture di proprietà pubblica affidati alla gestione di privati (il 63,17% del campione).”

Altro dato importante rilevato da questa ricerca fa presente che almeno un impianto sportivo su cinque non è fruibile da persone con disabilità. Tale problema è comune sia al Centro-Nord che al Mezzogiorno. Il Pnrr-Piano nazionale di ripresa e resilienza ha previsto risorse aggiuntive pari a 300 milioni per favorire la pratica sportiva per le categorie di soggetti fragili e a rischio di esclusione sociale. Qualsiasi disciplina sportiva adottata dai nostri figli costa. Costa l’abbigliamento sportivo, costa l’iscrizione ai corsi di acquaticità, di nuoto, alla società di calcio, di rugby, di scherma e potrei continuare all’infinito. Tutto costa.

L’iperprotezione familiare nei confronti dei figli porta a negare l’utilizzo di in un campetto periferico (…quando esiste..) libero a disposizione dei ragazzi/e. Non parliamo dei giochi in strada, ormai impossibili. Ragazze e ragazzi, super monitorati. Le donne hanno sofferto per molto tempo ingiustificati pregiudizi su attività sportive definite da “uomini” e non da “donne”. Le donne, come sempre, si sono dimostrate più intelligenti e determinate di noi uomini e non solo hanno scelto discipline sportive dichiarate da “uomini” ma sono presenti nelle più importanti manifestazioni sportive mondiali.

Una brevissima storia delle donne nello sport: nel 1928, alle Olimpiadi di Amsterdam, le donne furono ammesse alle gare di atletica. Nel 1936, a Berlino, si istituirono competizioni femminili negli ambiti principali. Incredibilmente, solo le Olimpiadi di Londra del 2012 hanno visto la partecipazione delle atlete in tutte le discipline, anche nel pugilato femminile.  Altre interessanti analisi ci descrivono una società in cui la donna sportiva possiede titoli di studio più elevati rispetto a chi fa una vita sedentaria. Il 26,9% è laureata e il 36,5% è diplomata, contro, rispettivamente, il 9,7% di laureate e il 27,3% di diplomate che non praticano sport. La donna che fa attività motoria non solo studia di più, ma lavora anche di più. Lavora, studia, aderisce a stili di vita e modelli di comportamento più evoluti e sostenibili. Quindi aderisce ad un mondo culturalmente più avanzato, dove l’attività sportiva coincide con l’attenzione alla propria salute.

Altro dato che fa riflettere su situazioni sociali, economiche e culturali diverse è questo “La quota delle praticanti è pari al 36,3% del totale delle donne con più di tre anni nel Nord-Est, al 34% nel Nord-Ovest, al 31,9% al Centro e precipita al 19,7% nel Sud e nelle Isole”. La differenza che ci appare nelle praticanti tra nord e sud va di pari passo con la differenza occupazionale: “tasso medio di occupazione femminile che in Italia è del 51,1%, a livello regionale si va da un massimo del 66,2% in Trentino-Alto Adige a un minimo del 30,5% in Sicilia, preceduta dalla Campania, dove il tasso di occupazione femminile è al 30,6%, e dalla Calabria con il 31,8%.”.

Le differenze sociali ed economiche del paese si riflettono nei comportamenti quotidiani. La pratica sportiva deve essere un collante tra i vari strati sociali. Combinando i disagi e le certezze delle persone con un mutuo sostegno. Lo sport può essere uno strumento per attenuare il divario sociale ed economico presente nel paese. Nel confronto sociale, lavorativo e sportivo della vita tutti devono partire dalla stessa linea, con gli stessi strumenti ed opportunità. E chi ha la migliore prestazione deve essere premiato. La lealtà e la correttezza sportiva devono essere corrispondenti nella vita sociale.

Sì, lo sport è palestra di vita. Tornando indietro rispetto a quanto lo sport sia un volano per l’economia, voglio ricordare la ferita del no alla candidatura di Roma alle Olimpiadi del 2024. Ferita che probabilmente non verrà mai risanata.

di Renzo Ponzecchi

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