LA SPIGOLATRICE DI VIAREGGIO

Il Sindaco Del Ghingaro dopo il bagno spirituale

In questi giorni c’ è stata una iniziativa degna di nota da parte del Comune di Viareggio e del suo Sindaco: in occasione dell’anniversario della Liberazione della città si è deciso di intitolare il giardino, nell’area dell’ex casa del fascio, alla Libertà. Quando una iniziativa si muove in sintonia con sentire cittadino e con le migliori tradizioni è sempre una buona cosa. Queste ricongiunzioni sono però, purtroppo, alquanto sporadiche e scarse: così che quando avvengono hanno del miracoloso (nel senso di effetto prodigioso). Mi sono però chiesto se le parole pronunciate dal Sindaco durante la cerimonia siano dovute ad una profonda autocritica, frutto di un ripensamento profondo rispetto al non remoto ma attivo e sfegatato impegno profuso dello stesso a favore della coalizione di centrodestra durante le elezioni comunali di Lucca. Sarebbe interessante che Del Ghingaro spiegasse questo suo bagno spirituale e rinascita a nuova vita, ci desse lumi sul suo esame di coscienza e rendesse consapevole la città del travaglio personale attraversato. Se non altro potrebbe essere di utilità a qualche suo fido collaboratore: che imparino qualcosa alfine! A Lucca la coalizione di centro destra aveva al proprio interno i fascisti di Casa Pound che sono stati decisivi, assieme a quella piccola manciata di voti che il Maestro Veronesi vi ha aggiunto nel ballottaggio. Il Sindaco Del Ghingaro ha intrattenuto, durante il suo primo mandato e il secondo, almeno fino a pochi mesi fa, un rapporto molto intenso col Maestro Veronesi. La prestigiosa bacchetta è stata per molti anni direttore artistico e poi musicale del Festival Pucciniano. Poi, di recente, la rescissione del contratto di direttore d’orchestra dell’opera La Bohème, dopo che si era mascherato, proprio come Zorro. Conscio delle sue doti, come sempre in effetti, ha diretto l’orchestra, pure ad occhi bendati, alla perfezione e senza sbavature. L’esimio maestro Veronesi protestava contro il modernismo della regia. Modernismo tollerato, senza la benché minima contestazione durante le prove, fino a dopo le tirate d’orecchio del sottosegretario Sgarbi durante una pubblica e deserta conferenza stampa di presentazione delle iniziative del centenario della morte di Giacomo Puccini. Entrambe le scelte possono essere collegate alla crisi di coscienza del Sindaco e ad un suo ravvedimento profondo? Sarà così? Noi ce lo auguriamo ma purtroppo qualche piccola riserva ce l’abbiamo. E se non fosse una profonda conversione? Ma soltanto un modo tattico per presentarsi diversamente in vista delle prossime evoluzioni politiche e delle scadenze di mandato, ma anche di quelle elettorali nel prossimo futuro? Vedremo se l’amministrazione di Viareggio che fa riferimento alla squadra renziana, ai transfughi più o meno di Forza Italia, a qualche espatriato Pdippino, a qualche gruppo di interessi particolari, se l’amministrazione sedicente civica saprà essere coerente sulla difesa, sviluppo e consolidamento di una cultura antifascista. Quest’ultima si configura come un robusto discrimine per eventuali rapporti futuri con i Fratelli d’Italia. La cosa peggiore, però, sarebbe un eclettismo pragmatico per coprirsi da ogni parte, un po’ di qui e un po’ di là, in attesa di scelte future che potrebbero farsi carico, non a caso, della collocazione futura dello stesso Del Ghingaro alla fine del mandato o magari prima della sua scadenza. In quest’ultimo caso si comincerà un nuovo tormentone: mi candido… forse sì …ma poi no… meglio forse… Comunque quella di Sabato scorso è stata una bella iniziativa. Solo un piccolo appunto: per coerenza si sarebbe dovuto intitolare il giardino alla Liberazione.  Questa però, ne siamo perfettamente consapevoli, è una differenza concettuale troppo difficile da capire per gli animatori dell’amministrazione comunale o forse, in questo modo, sarà più facile da  digerire, in un ipotetico futuro, ai patrioti della fiamma tricolore e ai leghisti.

Al Pucciniano qualcosa eppur si muove…

Al Festival Pucciniano sembra che si stiano incamminando verso qualche novità non secondaria. Per il centenario dalla morte del Maestro- liberatisi forse, finalmente dall’Opa-Veronesi, hanno affidato l’incarico di direttore artistico al regista Luigi Pizzi e presentato il programma per la stagione dell’anno prossimo con alcune novità importanti per il Puccini meno noto (Le Villi e l’Edgard), ma anche con tante riproposizioni di opere che sono in cartellone da diversi anni e optando per una Manon Lescaut in forma di concerto. Certo la figura e l’incarico a Luigi Pizzi sono una carta di credito importante a garanzia della qualità e dei livelli a cui si vorrebbe tendere, compresa la presenza di qualificati direttori d’orchestra e di bravi artisti disponibili ad essere coinvolti dal regista e dal direttore musicale nella preparazione delle rappresentazioni. Restano purtroppo fuori dalla programmazione importanti opere del Maestro, sia dal punto di vista musicale e drammaturgico, che purtroppo sono assenti da Torre del Lago da molti anni, come ad esempio La Fanciulla del West e il Trittico nella sua integrità.  Per un anniversario così importante era forse consigliato di proporre una o più iniziative sulle partiture sinfoniche che vengono davvero raramente eseguite. Ma non si può chiedere troppo e già queste novità preludono a una discontinuità con il passato che ci auguriamo possa concretizzarsi e dilatarsi successivamente. Resta il limite di un incarico annuale quando da decenni è assente una programmazione poliennale e una caratterizzazione, un progetto compiuto che lo faccia per davvero diventare un Festival e non una, nemmeno delle migliori anzi piuttosto ordinaria, stagione lirica minore. In un articolo interessante Beppe Nelli, sulle pagine locali de La Nazione, si interroga sulla diversità dei contributi tra il Festival Rossini e quello di Torre del Lago. La ragione a mio avviso non sta nelle scarse propensioni della politica regionale a fare lobby o in quelle ben maggiori dei marchigiani, ma quanto nella qualità di un festival: quello rossiniano e le cose espresse fino ad oggi da Torre del Lago. Perché lo Stato dovrebbe assegnare contributi maggiori (e sono già tanti quelli che a vario titolo affluiscono per quello che si fa) ad un Festival che in effetti è una stagione lirica? Perché si dovrebbero riequilibrare i contributi premiando manifestazioni di scarsa qualità e punendo o declassando i veri festival d’autore?  Per il solo fatto di rappresentare le opere del maestro che, peraltro, si rincorrono nei programmi dei principali Enti Lirici, in quelli dei teatri di Tradizione e in innumerevoli stagioni liriche minori? Solo perché si rappresentano le opere nei suoi luoghi? No! Un Festival deve avere delle specifiche e peculiari caratteristiche: deve avere un’anima, obiettivi qualificanti, una programmazione e non può limitarsi alle mere rappresentazioni delle opere del Maestro. Ancor di più se poi le rappresentazioni, sono costruite con direttori d’orchestra non all’altezza, con cast improvvisati, frutto di interessi di agenzie o di qualcun altro, con prove ridotte al lumicino, senza studi e approfondimenti, senza un occhio al Puccini meno noto, al Puccini sinfonico, senza una specifica attività di ricerca e di approfondimento. Se si introducono questi elementi di valutazione allora è più facile capire il perché delle diversità dei livelli di finanziamento. Nelli pone il problema del rapporto con la Versilia: che lavoro ha fatto il festival Puccini per coinvolgere la Versilia, per farsi conoscere, per stabilire rapporti con gli altri Comuni e con le popolazioni locali, con le organizzazioni del lavoro, con le categorie economiche? Anche la questione delle presenze e della disponibilità o meno degli alloggi è un tema serio che però andrebbe valutato assieme ai brand  turistici da utilizzare, dell’eventuale brand Puccini che andrebbe, come diceva giustamente il Prof Bellini proprio in una intervista alla Nazione di diversi mesi or sono, affrontato indipendentemente dalle rappresentazioni sul lago,  con una strumentazione innovativa e moderna e con un’attiva partecipazione delle categorie del turismo, degli alberghi, del commercio e dei balneari. Poi c’è un’altra riflessione che riguarda la struttura organizzativa del Festival Pucciniano che dovrebbe essere rivista profondamente, sia nelle attuali figure apicali e dirigenziali principali, sia nelle figure tecnico professionali che invece sarebbe indispensabile avere in organico, sui suoi costi e sulla sua funzionalità. Altro tema è cosa il socio proprietario (il Comune di Viareggio) fa fare o obbliga a fare alla Fondazione che con Puccini e con un Festival d’autore centra ben poco se non niente. Però per ora ci accontentiamo di qualche cesura con il passato sperando che il percorso di rinnovamento spirituale del Sindaco e dei suoi fidi collaboratori vada avanti e non sia, come purtroppo ci ha abituati, il classico colpo di sole che abbaglia ma lascia tutto come prima se non peggio!

Quelli che fanno e quelli che chiacchierano sui social

Leggendo qualche post sui vari social -per me è una fatica davvero enorme perché il livello di stupidaggine, di pensieri in libera uscita, di banalità è spesso fuori controllo- mi sono annotato qualche post di qualche apostolo incallito e le sue valutazioni entusiastiche del tipo: questa amministrazione comunale (quella di Viareggio) fa, non parla ma agisce, lavora indefessamente. Nessuno di questi acuti esternatori si fa una domanda successiva e magari prova a darsi delle risposte, a fare qualche considerazione. Questo lavoro da matti è utile alla città? E’ quello che serve per cambiare e rispondere alle sfide delle trasformazioni sociali, economiche della nostra epoca? E’ quello che serve per qualificare il nostro territorio? Per presentare una città decentemente presentabile, non parlo della Passeggiata, anche se li si trovano edifici storici come i due Teatri Politeama ed Eden chiusi e in stato di progressivo degrado (e a Viareggio manca un Teatro), ma di tutto il resto, ovvero del 99% del territorio comunale? Cosa si offre agli ospiti? Una città vivibile, ricca di partecipazione, di attività, non solo estive e turistiche, ma anche formative, permanenti? Per una città che garantisca a giovani, donne, lavoratori di riempire diversamente il loro tempo libero?  E che dire a proposito di servizi efficienti e qualificati? Di un arredo urbano presentabile? Di poter continuare a godere dei beni più importanti del nostro ambito cittadino come le pinete, prima che ci si trovi di fronte a qualcosa di morfologicamente trasformato? E che risposte si danno agli operatori economici del porto e delle darsene per consolidare e sviluppare le loro attività ed incrementare il lavoro? Tutte queste domande, alcuni autori dei post in oggetto, perché non se le fanno? Naturalmente sui loro diari il confronto è abolito o quasi perché, a parte le tare strutturali dello strumento social, se sei troppo spinto o non sei allineato e coperto vieni bannato, ovvero, proprio perché sei considerato un pignolo rompiscatole e un disturbatore del pensiero in soffitta, vieni espulso dal nobile Club della Banalità!

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