“SENZA UN CONTROLLO PUBBLICO LA FILIERA CORTA DIVENTA UN INGANNO”. Rosario Brillante Coordinatore del Cipit

E’ una richiesta di dati certi e di rintracciabilità della produzione quella che proviene da Rosario Brillante, Coordinatore  del Cipit di Seravezza, al proposito delle recenti affermazioni che imprenditori e sindacato hanno espresso in merito “alle inneggianti affermazioni sulla filiera corta “ apparse sulla stampa.

Cipit – Seravezza è un Comitato costituito, come si legge nello Statuto del Comitato per la per la Trasparenza, l’Informazione e la Partecipazione, allo scopo “di  sviluppare, diffondere e condividere con chi riveste la responsabilità della gestione della cosa pubblica e con i cittadini il corretto concetto di sostenibilità ambientale e di tutela ecologica del territorio apuo versiliese, nonché approfondire il tema degli usi civici, della compatibilità ambientale delle attività estrattive e di trasformazione e commercializzazione dei materiali lapidei, del futuro del settore lapideo in Versilia con riferimento al suo impatto ambientale, paesaggistico, sociale ed economico”.

Rosario Brillante Coordinatore del Comitato, segnala che a fronte dell’indicazione della Regione Toscana di subordinare le concessioni a scavare alla trasformazione in loco di almeno il 50% del marmo estratto,  la Confindustria afferma che nel comprensorio versiliese questa giunge già al 65%.

“Stando a queste affermazioni – prosegue Brillante – abbiamo provato a ragionare sui dati ufficiali,  perché qualcosa non torna: un dato è certo solo se oggettivo, misurabile e provato, non basta affermarlo. La realtà infatti si presta ad altre conclusioni. Il rapporto altamente negativo tra le attività di escavazione, ed anche delle lavorazioni lapidee e il territorio è evidente . L’attività estrattiva si offre all’osservatore obiettivo quale prelievo che devasta irreparabilmente l’ambiente e il paesaggio e che non restituisce proporzionalmente occupazione. L’impressione e che i vari dati forniti in merito siano opachi e mancanti di linearità: insomma  i conti non tornano. Per avere contezza della mole e dell’impatto oggettivo dell’attività  sui bacini estrattivi interessati è sufficiente dare uno sguardo al nostro Monte Altissimo del quale è stata letteralmente cancellata una vetta e che si appresta ad essere svuotato dall’interno, come già avviene con il  Corchia, agli squarci della montagna di Trambiserra a Seravezza e alle vallate di Arni e a quelle sfruttate per la pietra Cardoso a Stazzema. Si tratta della distruzione di intere montagne. Tutto questo viene giustificato dal peso di questo settore nell’economia locale. Ma realtà e numeri proposti non tornano alla resa dei conti appaiono poco rrasparenti. Infatti nel mentre è evidente che a fronte dell’incremento dell’escavazione del marmo, pari – stando ai dati forniti dal Cosmave in un recente convegno – a  5.827.190 metri cubi di materiale, che corrispondono a oltre 15.000.000 di tonnellate di marmo e pietre ornamentali estratte nelle 50 cave aperte  in tutta la Provincia di Lucca,  non si registra un aumento proporzionale dei posti di lavoro ma l’incontrario. E neppure l’evoluzione delle tecnologie di trasformazioni si presentano tali da giustificare lo squilibrio risultante dai dati. E’ sufficiente contare i laboratori chiusi che si incontrano da Stazzema fino a Pietrasanta, passando per Seravezza per rendersene conto. In Provincia di Lucca  gli addetti, dati ISTAT del 2018, erano in Provincia di Lucca 1761, di cui 1456 alla lavorazione e 305 in cava; mentre ad oggi non risultano reperibili dati certi aggiornati successivamente e quelli messi a disposizione dalle imprese del settore sono contraddittori. Gli ultimi forniti dal Cosmave in un recente convegno che riferisce ancora di 1700 addetti, 1400 circa nella trasformazione. Quindi se in zona viene trasformato il 65% dell’escavato, come dichiarato, questo significa che circa 3.790.000 metri cubi di marmo viene lavorato in zona. Ovvero oltre 10.000.000 di tonnellate che a conti fatti corrisponderebbero ad una resa procapite  di oltre 7.000 tonnellate di produzione per addetto. Sono dati sbagliati? Abbiamo sbaglaito noi ad incrociare i dati? Oppure è lecito pensare che la vendita di marmi grezzi superi di gran lunga quella dei prodotti finiti?

Attingendo dalle fonti delle Associazioni Ambientaliste risulta che la suddivisione della destinazione dell’escavato assegna 80% dei materiali alla produzione di carbonato di calcio (vedi OMNIA e anche il recente accordo versiliese con KERACOLL), il 19,5 x grezzi e lavorati, 0,5% per usi artistici. Da questo quadro risulterebbe dunque che i numeri non tornano perchè non sono forniti con neutralità. “

La conclusione di Brillante è che “è necessaria una seria e consapevole assunzione di un’iniziativa politica, istituzionale e sindacale che da un lato ponga le attività estrattive sotto una “sorveglianza speciale” e con un effettivo controllo del materiale estratto ma che rivendichi al tempo stesso la necessità che il marmo estratto venga lavorato in zona tutto senza se e senza ma. A beneficiarne sarebbe l’occupazione locale consentendo anche un travaso tra addetti alle cave e addetti alla trasformazione Il settore per avere un futuro deve necessario puntare sui marmi pregiati, ammodernare la tecnologia di escavo e taglio per far cessare l’inquinamento delle falde e dei corsi d’acqua, fermare la frantumazione delle montagne per ridurle in polvere, cessare progressivamente ma in tempi certi le attività di scarso pregio e con numero modesto di addetti.

E’ necessario l’avvio di un processo dal quale emerga una nuova e diversa visione del settore.

QUELLA ATTUALE ESPRESSA DALLE IMPRESE NON CORRISPONDE AGLI INTERESSI GENERALI DEL TERRITORIO E DEI SUOI ABITANTI E NEPPURE A QUELLI DEI LAVORATORI .

Dunque, se politica e sindacati non si collocheranno alla testa di questa netta conversione dell’uso della risorsa naturale, incalzando le imprese, i contrasti tra estrazione e settori sempre più ampi della società civile saranno inevitabilmente destinati ad accentuarsi.  A rimetterci saranno alla fine sempre e soltanto i lavoratori ai quali va garantito un futuro in una nuova prospettiva.

C.I.P.I.T. (Comitato Indipendente per la Trasparenza, l’Informazione e la Partecipazione)

Il coordinatore – Rosario Brillante

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