La posizione della  Cgil nei riguardi dell’Henraux e della Amministrazione di Seravezza è veramente imbarazzante! L’intervento di Andrea Antonioli: iscritto alla Cgil e nel passato responsabile Fillea

Premetto che da qualche anno non ricopro più alcun incarico sindacale  nella Cgil. Ne sono iscritto e vi lavoro come dipendente. Sono stato per 15 anni il responsabile del settore lapideo della Fillea Cgil e, successivamente, per altri 10  Segretario Generale della Camera del Lavoro della Versilia.

Oggi, da iscritto e da ex dirigente, sento il dovere di denunciare la gravità e la fragilità della posizione assunta dalla Cgil con l’avvallo passivo all’ipotesi di conclusione della vertenza sugli Usi Civici formulata dall’Amministrazione Comunale di Seravezza. Con l’avvallo della Regione il Comune di fatto riconosce alla società Henraux Spa la proprietà piena del Monte Altissimo e del Monte Pelato.

Accettare il ricatto occupazionale non ha mai portato da nessuna parte. Limitarsi a plaudire le intese raggiunte tra Comune ed Henraux, senza svolgere di fatto nessun ruolo negoziale, significa abdicare al proprio ruolo e rimangiarsi anni di battaglie che hanno visto  il sindacato impegnato a porre vincoli sul come si scava, quanto si estrae e quanto si trasforma in zona. Anni di lotte per ottenere che nell’estrazione del marmo, che di per se modifica irreversibile il paesaggio, venisse limitata la quantità  e ridotto l’impatto ambientale: e che si traducesse  in posti di lavoro attraverso la totale trasformazione al piano.

Questi storici obiettivi sono evaporati. Quanto accaduto è il frutto di uno scollamento schizofrenico tra il sindacato, la sua storia ed elaborazione e la sua visione del territorio e del suo futuro elaborata nell’interesse generale dei lavoratori: che appunto lo scopo di un sindacato confederale.

Solo se si riducono drasticamente i volumi estratti e si trasforma tutto, come fanno in altri distretti nel mondo si può garantire un futuro a questo settore. Nel mentre non porsi il tema dello sviluppo di un’economia alternativa nella montagna, da porre a carico dei profitti che vengono realizzati dalle imprese che prelevano ricchezza dai bacini marmiferi, significa non aver nessuna idea  sul modello economico che può garantire un futuro alle comunità locali.

L’accordo trovato tra Comune ed azienda è un atto di svendita che garantisce solo la continuità dei profitti aziendali e  che priva la comunità di un legittimo e lungimirante  ritorno a fronte dello sfruttamento del bene comune rappresentato dai nostri monti. Proprio l’esperienza del travagliato accordo del 2006 sull’estrazione al Pizzo di Falcovaia e alle Cervaiole dovrebbe aver insegnato quanto sia difficile far rispettare gli accordi alle aziende e alle Istituzioni, se non si detengono reali rapporti di forza e  titoli reali.

Rinunciare alla proprietà collettiva e civica, peraltro sancita da un giudice, significa lasciare per sempre le mani libere all’impresa:  l’occasione che gli viene offerta sarà sfruttata senza scrupoli dal privato. Così non si salvaguarda ne il lavoro ne l’ambiente e si rinnega nei fatti la strategia ultra decennale elaborata dalla Cgil in intesa con i lavoratori.

Non serve a nulla fare tanti discorsi sulla transizione verde nelle conferenze o fare i piacioni con i ragazzi di Friday for Future se poi si rinuncia a svolgere, quando possibile e necessario,  un ruolo contrattuale su questi temi. Con il consenso offerto dal Sindacato Confederale e dalla Categoria all’operazione portata a termine dal Sindaco Alessandrini , si è di fatto avvallato una scelta che va decisamente nella direzione opposta.

Andrea Antonioli iscritto Cgil 

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