Elogio dei Sindaci quando erano davvero Primi Cittadini!

Ho avuto la possibilità di conoscere numerosi Sindaci del passato: di destra, di sinistra, di centro. Su ciascuno di loro potrei dare un equanime giudizio: sul proprio operato, su quanto hanno realizzato o non realizzato, sui programmi delle loro amministrazioni. Erano Sindaci popolari, riconosciuti come Primi Cittadini da tutti, stimati e apprezzati al di là e al di sopra delle rispettive appartenenze ideologiche e politiche e dei loro programmi amministrativi.

Trovo invece alquanto difficile, imbarazzante e per certi versi problematico dare un giudizio sull’attuale Sindaco di Viareggio Giorgio Del Ghingaro. Quei Sindaci popolari di cui parlavo andavano alle iniziative perché dimostravano così la loro sintonia e vicinanza alle persone e ai problemi o perché ritenevano che anche le opposizioni dovessero essere ascoltate recependone le proposte e i contributi positivi. Per loro il confronto era insostituibile, un presupposto essenziale per il buon governo delle comunità che amministravano.

Quello attuale di Viareggio è una sorta di Fantomas. Fa scrivere il suo nome sulle locandine ma poi, quasi sempre, non è presente. Quando va bene manda un assessore, in altri casi un consigliere di maggioranza, in molti atri nessuno. Può darsi che oggi, nelle turbolenze della società attuale, questo atteggiamento sia considerato basilare, politicamente ed elettoralmente redditizio. Il confronto e la discussione di merito richiedono infatti uno sforzo non indifferente: una predisposizione, un’attitudine a misurare se stesso e i propri orientamenti con oggettività; a verificare di continuo le scelte, le decisioni assunte con quella che si chiamava una volta l’autocritica; a saper valutare con eguali metri di giudizio le opinioni altrui, le altre e diverse proposte.

A mio parere, questo comportamento elusivo, è comunque poco dignitoso, anzi irriguardoso. È un problema di stile, di rispetto o, se volete, di scarsa considerazione degli altri, chiunque essi siano: l’Associazione dei familiari delle vittime dell’incidente ferroviario, la Cgil, l’Associazione Maestri d’Ascia e Calafati, le Associazioni di Pubblica Assistenza Misericordia e Croce Verde, la Comunità della Chiesetta del Porto che ha ricordato recentemente Don Beppe Socci, uno dei suoi fondatori più importanti, etc…L’elenco potrebbe allungarsi di parecchio e non essere compatibile con le dimensioni di un articolo.

Poco tempo fa ci ha lasciati Renzo Vecoli un Sindaco di grande spessore culturale e aperto, ma si potrebbe parlare di Paolo Barsacchi, di Federico Gemignani di Carlo Alberto Ferrari, di Giuseppe Bisanti, di Lino Federigi, di Giovanni Frati, di Cecchi Rolando Pandolfini per stare lontani: tutavia l’elenco potrebbe allungarsi ancora di molto se ci avvicinassimo ad oggi. Tutti, chi più chi meno, hanno stabilito o cercato di stabilire, fin dal primo momento del loro insediamento, un rapporto con le città: hanno cercato di comprenderne le esigenze e i bisogni, di dare risposte e soprattutto hanno ascoltato, hanno cercato di capire i loro cittadini, spesso fuori dagli schemi di partito o di coalizione: sono stati, da questo punto di vista e per davvero i Primi Cittadini e tutti hanno comunque saputo rappresentare in maniera egregia e autorevole le loro città.

Oggi siamo di fronte ad un caso, direi da studio, proprio perché fuori da questi schemi, sideralmente lontano dalle caratteristiche dei Sindaci del passato. Del Ghingaro ha forse un’idea di città ma è tutta sua, funzionale alla sua persona e al suo avvenire politico e istituzionale o, tutt’al più, costruita con una cerchia di fidi: gente che ha dichiarato di ‘vendere la propria pelle’ per sostenerlo, un conclave dove non credo si discuta molto a giudicare, nella maggioranza dei casi, dalla estrema sbiaditezza politica, culturale e dalla opacità dei suoi assessori e degli attuali collaboratori.

Quella di oggi a Viareggio è un’Amministrazione dove funziona una sorta di centralismo autoritario. Ben riassunto peraltro dallo stesso Sindaco quando, dopo averla licenziata in tronco da Vice Sindaco, rispose alla richiesta di chiarimenti di Federica Maineri e del suo Partito affermando categoricamente: ‘la maggioranza sono io’. Questa nella sostanza è la vera verità!

In un Partito della prima Repubblica vigeva il cosiddetto centralismo democratico: qui, ora, siamo passati e senza partiti di mezzo, al personale autoritarismo esasperato. Poi viene il suo racconto dove tutto il passato è cupo e sembra essersi evoluto o involuto per lasciare aperto il paso ad un ‘Salvatore della Patria‘ (Lui naturalmente!). Le cose che vengono realizzate sono presentate come miracoli straordinari, incensate oltremodo dai suoi fidi collaboratori, quelli del suo cerchio magico, quando molto spesso si tratta di quella che una volta si definiva normale amministrazione cittadina (rifare gli asfalti, rimettere a posto i marciapiedi e l’illuminazione etcc…).

Poi ci sono le provocazioni, il gusto della sfida, dei progetti faraonici e avulsi dai contesti, che come grossi chicchi di grandine cadono giù a ciel sereno. E qui c’è uno dei tratti di maggior lontananza dai Sindaci popolari: il faccio da me e non accetto nessun confronto; vado avanti per la mia strada costi quel che costi.

Così Viareggio si trova isolata nelle principali sedi istituzionali e con un peso specifico pari a quello dell’aria fritta. Poi la politica fluttuante di oggi potrà anche incollare qualche frattura perchè istituzionalmente è corretto e utile farlo: spesso però queste ricuciture sono determinate dalla necessità di riaccozzare le schiere in vista di un Congresso o di una prossima scadenza elettorale, per le quali ci si deve riciclare per continuare ad esercitare un qualche potere. E questo porterebbe non a superare i problemi positivamente, passando per chiarimenti e autocritiche, ma più riduttivamente ad accomodamenti e mediazioni al ribasso, al di sopra degli ambienti sociali e civili amministrati. Ad un Ristorante del porto la pietanza di pesce può essere considerata un buon viatico per tentare di ri-amalgamare i cibi e le scelte politico-amministrative. E’ pura illusione però se tra i cibi c’è roba avariata, se c’è un ghiozzo o uno scalogno andati a male che invece di essere gettati nella spazzatura vengono ributtati nella pentola a cuocere!

Un municipalismo provinciale che punta tutto sull’abbaglio e sulla pomposa esaltazione di spot progettuali fa perdere di vista la prospettiva, le relazioni, la visione e il progetto futuro. Viareggio deve rinnovarsi e trovare nuove strade per ricollocarsi dopo l’avventura novecentesca. E tanto più lo deve fare in presenza di profonde modifiche economiche, sociali e culturali che sono intervenute negli ultimi venti anni. Siamo immersi in una realtà sociale cittadina che vede acuirsi le sofferenze, le povertà, dove una parte sempre più ampia di quello che era il ceto medio è precipitata o sta precipitando verso il confine della non sufficienza. Una situazione nella quale il tessuto di piccola e media impresa artigiana e commerciale, che è stato determinante per lo sviluppo della nostra città, subisce un drastico ridimensionamento, arranca e fatica a stare in piedi.

Basterebbe passeggiare un po’, al Varignano, alla Migliarina, nel Centro cittadino per rendersi conto dello stato di abbandono della città e del complesso di contraddizioni sociali che la attraversano. Ma a passeggio non si va e si preferisce giocare con i post e con i messaggi subliminali sul sito ufficiale del Comune di Viareggio. Stili e modelli di vita si sono evoluti come le domande di turismo e di accoglienza. Viareggio ha vivacchiato e continua a vivacchiare sfruttando al massimo il capitale antico che oggi, volenti o nolenti, si è quasi del tutto esaurito.

Ciò dovrebbe, avrebbe dovuto portare ad avviare una attenta riconsiderazione del nostro territorio, delle relazioni tra centro e periferia, del pacchetto di manifestazioni turistico-cultuali. Soprattutto a un dialogo ed un confronto con la città, all’attivazione di studi e contributi da parte di esperti nei vari settori, all’individuazione di nuovi progetti di riqualificazione e sviluppo , all’individuazione dei brand su cui puntare, alle risorse da salvare e valorizzare.

Tutto il contrario di come ci si sta muovendo. Quando va bene c’è una letterina ad Amadeus per ricordare che il Festival della canzone italiana ebbe i natali originari a Viareggio. Anche questa lettera , però, pare sia stata pensata per assurgere alle cronache, per inserirsi e darsi visibilità. Questa iniziativa, non sufficientemente riflettuta, si è rivelata invece un boomerang. E’ l’ammissione, ad una platea molto larga, di un episodio negativo per la città. Il commento più comune potrebbe essere: ‘ma guarda che bischeri, non solo se lo sono fatti scappare ma dopo oltre setta anni lo certificano pure pubblicamente’.

Ben altra cosa sarebbe una seria riflessione sul fatto che Viareggio non ha più un Teatro. Ci resta, invero, uno stabilimento chiuso e sprangato, ormai quasi un rudere, che lentamente sta degradando ancora di più ed è pure in bella vista: si chiamava Teatro Politeama. A poche decine di metri di distanza, sempre sulla Passeggiata, un altro Teatro chiuso: si chiamava Teatro Eden, quel teatro che fu di Ermete Zacconi. Il Teatro Jenco, correttamente ristrutturato da questa Amministrazione, non potrà mai diventare il Teatro di Viareggio! Così come lo Stadio, quando e se verrà realizzato, non sarà che uno stadietto di provincia, bel lontano da quello Dei Pini: quei pini che tutt’intorno stanno invece cadendo come pere cotte o tirati giù perché pericolanti senza agire sulle cause e senza ri-piantumare e ricostruire l’habitat tipico della città. C’è un brillante Assessore della squadra di Del Ghingaro che ha sostenuto che si deve ricostruire l’ambiente che c’era prima dei Borboni: la stessa filosofia che ha ispirato la presentazione di un progetto per il Belvedere Puccini per riportare , così hanno detto, la situazione a quello che vedeva il Maestro ((Sic!)

Però potremo consolarci, sempre col se e ma davanti, per un eccesso di piscine, ben oltre ai potenziali nuotatori. Tra i temi fondamentali che invece dovrebbero essere riportati sulle prime pagine dei giornali c’è quello di come riconsiderare la Versilia e delle politiche necessarie per un razionale, equilibrato ed interconnesso sviluppo di tutta l’area. Da questo punto di vista le sette municipalità a sguardo limitato e miopi sono di ostacolo, così come di ostacolo sono i doppioni, gli sprechi e le ripetizioni di strutture, di manifestazioni spesso tra loro scoordinate, concentrate essenzialmente nel periodo estivo: una incredibile frantumazione nella promozione del territorio; una disastrosa dimenticanza del nostro sistema collinare e montano; la mancanza di strategie coordinate tra litorale e zone montane; una risorsa ambientale che rischiamo di perdere definitivamente.

Rispetto a queste questioni la politica, quella con la P maiuscola, quella dei Sindaci ricordati, è diventata merce rara, purtroppo merce da mercato nero! La politica, i partiti, le associazioni sociali ed economiche non possono più permettersi il lusso di non affrontare e rimandare a tempi migliori, che poi non vengono mai, questi interrogativi e questi nodi da sciogliere. È sulla capacità, la forza e la volontà di affrontare queste questioni, qui e ora, che si valuterà poi, ex post, la qualità e l’autorevolezza degli attuali sindaci e delle loro amministrazioni.

I Sindaci del passato che citavo all’inizio di questo articolo -molti di loro non ci sono più-forse oggi non sarebbero adeguati: però, alcune di quelle loro caratteristiche peculiari, quelle che hanno contribuito a renderli così popolari e autorevoli, dovrebbero essere recuperate e riscoperte. È un patrimonio che, al pari di altri, possiamo vantare e del quale far tesoro. Senza ispirarsi a queste urne dei forti il nostro futuro rischia di essere o rimanere nelle mani di un Dulcamara di passaggio.

di Niclo Vitelli

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