Beniamino Gigli “La leggenda”

A cura di Danilo Chiucini

Beniamino Gigli nato a Recanati il 20 marzo1890 m. a Roma il 30 novembre 1957. Scrivere un articolo su una “leggenda” dell’arte operistica” è molto articolato e complesso. Gigli è stato il tenore per antonomasia, capace di cantare per oltre 40 anni senza mai perdere la freschezza del suono e la sua morbidezza “stupefacente” ed è il tenore che ha cantato come nessun altro. Da una mia ricerca minuziosa, le sue interpretazioni sono: 1600 recite di opere liriche; 1700 concerti dove, in ognuno di questi, interpretava non meno di 20 tra romanze, arie classiche e canzoni; ha interpretato numerosi film; ha inciso su dischi 78 giri circa 400 brani operistici e canzoni; nel 1915 da maggio ad agosto altri concerti per le truppe. Era solito dopo la fine della rappresentazione, cantare alcune arie con il pianoforte sul palcoscenico, magari dopo avere bissato una o più romanze durante la recita. Quando venne a Viareggio nel 1930 al teatro Eden per un concerto, prima dell’ingresso si formò una calca impressionante, per cui fu necessaria la forza pubblica. È il tenore che a cantato nei teatri più importanti al mondo, per la precisione in 228 all’estero, in 114 in città italiane, in molte delle quali fu presente in moltissime stagioni e per molti anni, in teatri di secondo ordine di piccole cittadine, che furono omaggiate da questo unico “fenomeno” tramite il famoso Carro di Tespi. Durante una Carmen negli anni 20, al Teatro Metropolitan di New York, dopo la fine della romanza del fiore, e un applauso senza fine, uno spettatore che sedeva nella prima fila, gli consegno’ una statuetta d’oro. Nel 1951 a Rio de Janeiro, in tante strade erano presenti sui manifesti le opere in programma con gli interpreti: il nome di Giuseppe di Stefano veniva prima del suo. Pippo andò a trovarlo per scusarsi per questo ‘sgarbo’ al Grande Maestro ma Gigli gli rispose: “caro, “giudicherà il pubblico”. Celletti nella sua opera critica sui cantanti lirici di lui scrive che la voce di Beniamino Gigli è stata una di quelle che , dall’inizio del romanticismo ad oggi, hanno dato luogo al mito, e al culto, del tenore italiano: perfetta omogeneità di registri, smalto limpidissimo, timbro delicato e dolcissimo, ma anche pieno, pastoso, intenso, sonoro. Per quel che concerne, poi, la sicurezza dell’emissione, la flessibilità e la resistenza della gola, si può senz’altro parlare di facoltà naturali abnormi, affinate e potenziate da una tecnica eccellente. All’idolatria di cui fu oggetto in Germania, alla sua partecipazione a film italo-tedeschi e, infine, alle numerose recite date all’Opera di Roma durante l’occupazione nazista della città, si diede un’interpretazione politica che all’arrivo delle truppe inglesi e americane provocò manifestazioni a lui ostili. Si ritirò quindi momentaneamente dalle scene, ma dal marzo 1945 ricomparve al teatro dell’Opera di Roma in Tosca e Forza del destino, poi il Covent Garden, la Scala, il Colon, in una forma strepitosa. Quando morì nel 1957, solo l’Ambasciata Francese mise la bandiera a mezz’asta. In ultimo, dalle numerose incisioni per la HMV-Victor, ho scelto 4 brani di cui:

il primo: da Loreley di Catalani “Nel verde maggio” febbraio 1923

il secondo: da l’Africana di Meyerbeer “Mi batte il cor………O Paradiso” 27-12-1928         

 

il terzo: da I Pescatori di perle di Bizet “Mi par d’udir ancor” 18-12-1929

il quarto: da La Gioconda di Ponchielli “Cielo e mar” 18-12-1929

il quinto:1951 Rio de Janeiro registrazione dal vivo, l’inarrivabile artista, canta da La Forza del Destino “O tu che in seno”

il sesto: Rio de Janeiro 1951 da M.Lescaut “Guardate pazzo son”  pensate, questo TENORE era ultrasessantenne.   

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